Giro d'Italia al via: 10 anni senza Marco Pantani. Quella volta che da Pescara volò verso l’ultima maglia rosa

6' di lettura 08/05/2014 - 2004 – 2014: a dieci anni dalla scomparsa di Marco Pantani, ricomincia la Corsa Rosa. Quello stesso Giro d’Italia che il Pirata, contro sfortuna, avversari e destino avrebbe conquistato il 7 giugno del 1998 a Milano. Trionfo seguito da un’incredibile escalation di imprese leggendarie, che lo hanno innalzato sull’Olimpo dei più grandi scalatori di ogni tempo, fino all’apoteosi, a quell’indimenticabile passerella dei Campi Elisi, a Parigi, con il tour riportato in Italia 33 anni dopo Felice Gimondi.

Era il 2 agosto del 1998. Poi venne il 1999, di nuovo il Giro, di nuovo le scalate incredibili e una salita che sembrava senza fine. Con un uomo sempre solo al comando. Finché ….

Nell’ottava tappa del Giro, il 22 maggio 1999 Pantani conquistò sul Gran Sasso una delle sue vittorie più belle, tornando a vestire la maglia rosa. Volando ‘tra due muri di neve’, come scrissero all’epoca, il Pirata vinse per distacco una frazione segnata da nebbia e freddo. Una sorta di eroe nella bufera, capace di rompere gli indugi e fare il vuoto proprio quando la salita iniziava a farsi più dura.

La tappa era partita quella mattina proprio da Pescara, sotto un autentico diluvio, con Pantani letteralmente sommerso dall’abbraccio dei fan. Proprio in quel momento, Marco stava partendo per conquistare la sua ultima maglia rosa, indossata qualche ora dopo in cima al Gran Sasso, grazie all’ennesima, incredibile fuga solitaria. Pochi giorni dopo, il 5 giugno 1999, l’episodio mai chiarito del controllo a sorpresa a Madonna di Campiglio. Episodio che, di fatto, segnò la fine della carriera di Pantani e l’inizio di un inesorabile declino.

Cadute, risalite, tanti ritorni segnati da sconfitte e amarezza, il tunnel della droga e un ‘Pirata’ che sembrava aver smarrito se stesso, perfino il suo spirito battagliero. A Pescara, quel 22 maggio 1999 i suoi tanti amici abruzzesi ebbero la fortuna di essere tra gli ultimi a vedere un Marco sereno e felice, lanciato verso un grande trionfo, verso la sua ultima maglia rosa. Una serenità che di lì a poco avrebbe perduto per sempre, inghiottito in un buco nero che lo condurrà alla morte, il 14 febbraio del 2004 nell’albergo ‘Le Rose’ di Rimini.

Romagnolo doc, Marco era stato tante volte a Pescara e in Abruzzo, e proprio nella nostra città aveva tantissimi fan, amici e clubs. Quest’anno la Corsa Rosa partirà addirittura dall’Irlanda, ma non passerà per l’Abruzzo. Niente Pescara, niente L’Aquila, niente cime del Gran Sasso. Proprio per questo, per una volta tanto vogliamo consolarci con un tuffo nel passato e, in concomitanza con l’inizio del Giro, ricordare il Pirata dieci anni dopo la scomparsa, e quel lontano 22 maggio in cui proprio Pescara lo vide felice e lanciato verso l’ultima ‘Maglia Rosa’.


Il mio giorno più bello (Gazzetta dello Sport, Alessandra Giardini – 28 luglio 1998)

Dategli una montagna e vi solleverà per aria, vi porterà dentro una favola e vi metterà a sedere sul punto più alto, dove la neve non si scioglie e gli altri non sanno arrampicarsi. Venite a vedere Marco Pantani in salita: è un’emozione che non dimenticherete mai.


Pirati si nasce (Abruzzo nel Mondo, Paolo Di Toro Mammarella, febbraio-marzo 2004)

Non sono mai stato uno di quelli che amano tenere i poster appiccicati alle pareti. In questi tempi così saturi di falsi eroi, stelle nascenti e star in declino, pur apprezzando gli artisti della pedata e le belle signorine da palcoscenico, posso tranquillamente affermare che né calciatori e né veline hanno mai trovato spazio sulle spoglie pareti della mia stanzetta. Con una dovuta eccezione.

Anni fa, ai tempi dell’Università, feci fatica a spiegare al mio allibito compagno di stanza straniero chi fosse quel curioso omino pelato che, in calzoncini e maglietta rosa, campeggiava solitario, a braccia alzate, sulle spoglie mura della nostra piccola stanzetta. Un omino affaticato, dallo sguardo sofferente e luminoso. Il mio compagno di stanza mi guardò perplesso quando provai a spiegargli cosa significasse per me il viso sofferente di quel Pirata solitario, arrampicatosi leggero in cima a quella montagna silenziosa.

Qualche tempo dopo, messi provvisoriamente da parte gli studi e partito alla scoperta delle terre del Nord, mi ritrovai lavapiatti in un caotico e affollatissimo ristorante della metropoli britannica. In quell’estate insolitamente calda, terminato con fatica il lungo turno di lavoro, mi ritrovai a passeggiare con uno strano sorriso, stringendo tra le mani un grosso giornale, anch’esso rosa, proprio come quella lontana maglietta. In prima pagina, lo stesso omino pelato, stavolta in tenuta gialla, campeggiava a braccia alzate, sofferente e luminoso.

Tutti i media british, partiti in trionfo per celebrare l’illusoria vittoria iniziale di un certo Boardman, dileguatosi il loro fantomatico idolo, si erano presto eclissati, lasciando che un assordante silenzio calasse sul grand tour francese, costringendo così gli improvvisati lavapiatti stagionali a procurarsi la costosissima edizione londinese della beneamata Gazzetta, pur di tenersi aggiornati sulle imprese di un Pirata che scorrazzava solitario e imprendibile alla Grande Boucle d‘Oltremanica.

Non dimenticherò mai come stringevo fieramente quel giornale, passeggiando davanti alle affollate vetrine di Oxford street. Né scorderò come, rientrando a casa in metropolitana, inghiottito in un affollatissimo vagone della Central Line, tenevo orgogliosamente spalancata davanti agli occhi degli altri ignari passeggeri la copia della costosa Gazzetta, godendomi silenzioso le imprese dell’omino in giallo e sentendomi un piccolo pirata anch’io, in quel momento. Un giovane pirata in terra straniera, di fronte allo sguardo indagatore del passeggero seduto di fronte a me, solitamente così indifferente, ma quel giorno sorpreso più volte a sbirciare curioso nella mia direzione. Un giovane pirata davvero fiero di essere italiano, in quel momento. Come forse non lo sono mai più stato. Come forse solo quando si è lontani, e grazie a imprese come quella, è possibile sentirsi.

Non avrei mai più provato emozioni come quella, né calciatori e né veline sarebbero più stati capaci di farmi sentire così, silenzioso e felice, orgoglioso e trepidante.

Tante storie si sono arrampicate e inseguite, dopo quella lontana estate di tanti anni fa. Io smisi di fare il lavapiatti e tornai coscienziosamente ai miei libri. Tristi storie travolsero invece quel Pirata solitario, trascinandoselo impietose fino a qualche giorno fa. Ma a queste storie non voglio più pensare. Un piccolo poster appiccicato tanti anni fa sul muro di una fumosa stanzetta di studenti universitari. Un giornale stretto con orgoglio in un affollato vagone della Central Line. È solo questo il mio ricordo di Pantani. Addio, omino solitario. Addio, imprendibile Pirata.






Questo è un editoriale pubblicato il 08-05-2014 alle 13:07 sul giornale del 09 maggio 2014 - 545 letture

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